Molti esperti le considerano fra le tecnologie più importanti e decisive per affrontare velocemente i rischi dei cambiamenti climatici, parliamo della Capture Carbon and Storage (CCS) per la decarbonizzazione
I sistemi per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, se utilizzati su larga scala, potrebbero infatti ridurre notevolmente le emissioni di gas a effetto serra e di questo avviso è l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), secondo cui gli obiettivi internazionali relativi al “climate change” non possono essere raggiunti senza applicare la Capture Carbon and Storage (CCS) alla produzione di energia elettrica e a vari altri settori attraverso la decarbonizzazione.
La necessità di ricorrere allo stoccaggio permanente nel sottosuolo, a non meno di 1.000 metri di profondità, del biossido di carbonio prodotto da impianti industriali e centrali elettriche nasce dalla volontà di contrastare i fenomeni che minacciano l’intero ecosistema del pianeta.
La domanda mondiale di energia nel 2035 sarà superiore del 30% rispetto a quella del 2008 e, nonostante lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, i combustibili fossili continueranno a svolgere un ruolo importante, coprendo oltre il 70% del fabbisogno.
Questo comporterà un aumento sostanziale delle emissioni annue di CO2: dalle 29,3 miliardi di tonnellate registrate nel 2008 si passerà alle oltre 35 miliardi di tonnellate previste nel 2035, con una concentrazione di gas nell’atmosfera di 650 parti per milione e un incremento della temperatura media della terra di 3,5 gradi centigradi.
Ridurre il tasso di emissione della CO2 è quindi vitale e le tecnologie CCS sono destinate ad essere applicate fino a quando non si svilupperanno sistemi di produzione energetica in grado di ridurre in maniera significativa (e alla fonte) le emissioni nocive.
La CO2, oltre che stoccata sottoterra, può essere utilizzata anche per produrre carburanti, prodotti chimici e materiali da costruzione anche se l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha stimato che tali progetti potrebbero assorbire meno del 13% dell’anidride carbonica eliminabile dall’atmosfera con la CCS. Per questo è la stessa IEA a sensibilizzare i governi di tutto il mondo ad avviare programmi di ricerca per lo stoccaggio di CO2 nel sottosuolo.
Nel cammino che porta alla riduzione globale delle emissioni, le potenzialità delle tecnologie di Capture Carbon and Storage sono notevoli e per questo lo sforzo delle aziende del settore energetico va indirizzato allo sviluppo di soluzioni innovative in questo campo.
Eni, al pari di altre aziende del settore energy, vede nei sistemi CCS una soluzione per la decarbonizzazione sulla quale puntare con decisione e con Eni Uk ha assunto il ruolo di capofila del Consorzio che svilupperà il progetto HyNet nell’ambito della gara “Cluster Sequencing for Carbon Capture Usage and Storage Deployment: Phase 1” indetta dal Governo britannico.
Il progetto è finalizzato alla decarbonizzazione del distretto industriale dell’Inghilterra Nord Occidentale e prevede la cattura, il trasporto e lo stoccaggio sia della CO2 emessa dai siti esistenti sia di quella derivata dai futuri impianti di produzione di idrogeno a basse emissioni che verrà impiegato come combustibile alternativo per il riscaldamento e la generazione di energia elettrica. L’avvio delle operazioni è previsto entro il 2025 e porterà a creare una delle prime infrastrutture di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica del Regno Unito.
Eni UK svolgerà un ruolo fondamentale e di primo piano all’interno del consorzio (che comprende aziende come Progressive Energy, CF Fertilisers, Essar Oil UK, Ince BioEnergy, Fulcrum Bioenergy, University of Chester, Uniper, Tarmac Lhoist e Breedon) in veste di operatore delle attività di trasporto e stoccaggio della CO2 e utilizzerà a questo scopo i propri giacimenti di gas “depletati” presenti a circa 30 Km dalla costa nella Baia di Liverpool, per i quali ha ottenuto l’assegnazione (nell’ottobre del 2020) di una licenza per lo stoccaggio da parte delle autorità Oil & Gas (OGA) britanniche. Il progetto in questione permetterà inoltre a Eni UK di definire, in stretta collaborazione con il Governo di Londra, le condizioni di un nuovo modello di business, totalmente regolato e avente come scopo la gestione delle infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio di CO2 e la finalizzazione di accordi con le aziende interessate a utilizzare le infrastrutture di Eni per la cattura sicura e permanente delle proprie emissioni di gas nocivi.
“Il Governo del Regno Unito ha riconosciuto l’importanza del contributo che il progetto HyNet può apportare alla decarbonizzazione di una parte significativa delle attività del Paese”, ha osservato in proposito l’Amministratore Delegato di Eni, Claudio Descalzi, sottolineando come questa decisione riconosca la sicurezza e l’efficacia della tecnologia di cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2. Una tecnologia, ha aggiunto ancora l’AD di Eni, “immediatamente disponibile e in grado di abbattere le emissioni di quei settori di attività che non hanno alternative tecnologiche per avviare la transizione energetica. Per decarbonizzare le fonti tradizionali serve partire subito e con forza, investendo in tecnologia per fare crescere e migliorare ulteriormente le fonti rinnovabili che caratterizzeranno il nostro futuro”.
L’importanza strategica di questa iniziativa è stata confermata anche dal Segretario di Stato per gli affari economici, l’energia e la strategia industriale del Regno Unito, Kwasi Kwarteng, che ha definito HyNet un progetto “unico nel suo genere per l’ampiezza e la varietà delle imprese coinvolte, che vanno dai produttori di vetro a quelli di cereali” e in grado “di trasformare il Nord Ovest del Regno Unito e posizionarlo in prima linea nell’innovazione verde, salvaguardando posti di lavoro e creando migliaia di nuove opportunità di impiego”. Come ha spiegato infine David Parkin, Direttore di HyNet, il progetto consentirà la progressiva decarbonizzazione del settore manifatturiero a partire dal 2025 e avrà una funzione fondamentale nel plasmare la futura economia dell’idrogeno dell’intero Regno Unito.
(fonte: Sole XXIV Ore)